Me lo sento vicino, come se fosse a pochi centimetri da me, come se mi stesse sfiorando senza mai toccarmi, come un’onda che procede ma non s’increspa mai.

Me lo sento vicino, come se fosse a pochi centimetri da me, come se mi stesse sfiorando senza mai toccarmi, come un’onda che procede ma non s’increspa mai.
E capirebbe subito che nel mio tentativo di fuga c’è tutto il mio desiderio di restare a guardarla.
E capirebbe subito di essere la direzione dei miei occhi.
Mi giro velocemente verso il citofono, lo fisso supplicandolo di smettere, supplicandolo di esplodere, poi sollevo, rispondo: «chi è?»
«Sono io».
Lui non sa che lei, su quel tapis roulant, cammina guardando avanti attraverso la vetrata che dà sul parcheggio con la sbarra, due o tre volte a settimana, e spera sempre di voltarsi ad un certo punto. Spera sempre che lui arrivi, per fare due passi stando fermi insieme.
Loro non esistevano.
Loro consistevano, coesistevano.
E come qualunque altra cosa, scomparvero.
Su Instagram, sì. Lì mi segui. Ma ora? Mi stai seguendo ora?
– Stai imbastendo una discussione gigantesca sul nulla più totale, solo per qualche cazzo di foto che stavo facendo al locale, per qualche video, per qualche storia. Smettila.