UN ALTRO AMORE

Lei cammina sul tapis roulant ascoltando canzoni tristi. Maglietta dell’AVIS sgualcita, di quelle che si usano solo per allenarsi, leggins neri, di quelli che vanno sempre bene, Nike bianche trovate da qualche parte in casa. Capelli raccolti e pensieri sparsi. La verifica di ieri con il calcolo che non torna, la versione di latino da finire dopo, la festa di Davide dove un tipo è stato male ma se l’è cercata, il muesli da ricomprare, Ludovica che vuole smettere di uscire con degli stronzi che non se la meritano, Giulia che vuole smettere di uscire in generale, l’abbonamento dell’autobus perso chissà quando e chissà come, Federico che le scrive veramente troppo, le domande della nonna sull’IQOS, l’ultima puntata da vedere su Netflix. Torna sui suoi passi muovendosi tra dubbi e certezze, mentre passeggia stando ferma tra Ed Sheeran e Coez. Si tiene stretta con le mani alla barra di plastica, a volte si sbilancia, a volte si guarda intorno andando indietro con la schiena. Prende il cellulare in mano, apre Instagram, risponde ad un messaggio di due ore prima inviato da un tizio mai visto prima e lo mette via, sopra l’asciugamano grigio di Decathlon con l’etichetta tagliata. Guarda davanti a lei, attraverso la vetrata che dà sul parcheggio con la sbarra: una donna chiude lo sportello lasciando la borsa sul tetto della macchina e una ragazza le bussa sul finestrino per dirglielo. Lui arriva all’improvviso, sale sul tapis roulant di fianco al suo e la chiama toccandola sulla spalla. Maglietta bianca senza scritte, di quelle senza troppe pretese, pantaloncini neri della Domyos, di quelli che almeno un paio ce l’hai per forza, Adidas bianche, di quelle inevitabili. Capelli mossi e pensieri calmi. La tipa del cinema che non ci sta perché non ha tempo, Fabio che parla solo dell’Inter, Luca che parla solo di sé, la prof che gli chiede cosa significhi “cringe”, la sigaretta elettronica che fa poco fumo, la macchinetta che gli ha rubato due euro, il video che gli ha fatto vedere Davide, l’hamburger in frigo, le canne dell’altra sera. Lei si volta, sorride fortissimo, come nemmeno sa di saper fare, si toglie immediatamente le cuffie dalle orecchie e le appoggia sopra allo schermo del cellulare. In quel togliersi le cuffie così affrettato, confuso, impacciato, così sincero, c’è tutto quello che lui dovrebbe sapere. Iniziano a parlare, camminando vicini, a qualche mattonella di distanza.
“Il prof. quando spiega gesticola in modo ridicolo, cazzo non riesci a seguire quello che dice perché ti perdi a guardargli le braccia…poi si prende troppa confidenza, dice robe strane”.
Lui parla con leggerezza, lei ride con trasporto tenendo sempre la testa girata verso di lui. Non gli staccherebbe mai gli occhi di dosso, ma gli staccherebbe volentieri quel nome dalla bocca.
“Chiara non ci sta perché “non ha tempo”, o almeno questo è quello che s’inventa, perché poi mette mille storie in giro a fare aperitivo con le amiche, cazzo dice di non avere tempo. Però boh risponde, scrive, certe giorni commenta pure, non si capisce cosa voglia.”
Lui parla insistentemente di Chiara e di altre tipe con cui si sente che però non sono mica come Chiara, sia chiaro. A lei cala il sorriso ogni secondo, ma lo riprende, lo tira su, se lo rimette subito, se lo tiene stretto in faccia. Lui non sa cosa succeda dentro di lei quando le si avvicina. Lui non sa cosa accada, cosa cada, dalle sue mensole interne ogni volta che le parla di Chiara e di altre tipe con cui vorrebbe stare. Lui non sa del suo farle precipitare il sorriso nel vuoto e non sa nemmeno del suo riprenderlo al volo dopo qualche impercettibile istante di caduta libera. Lui non sa che lei, su quel tapis roulant, cammina guardando avanti attraverso la vetrata che dà sul parcheggio con la sbarra, due o tre volte a settimana, e spera sempre di voltarsi ad un certo punto. Spera sempre che lui arrivi, per fare due passi stando fermi insieme, da soli, circondati da decine di persone che sudano, soffrono, si specchiano più che possono. Lei si copre col sorriso più difficile da tenere, mentre lui le parla di un’altra lei. Ogni tanto guarda in basso, verso la striscia nera che si muove, si fissa le Nike mezze slacciate, forse pensando di andarsene via, scendere e piantarlo lì, “lo vuoi capire che mi crolla tutto ogni volta che dici quel cazzo di nome perché mi piaci da sempre fottuto coglione” e basta, ciao. Lui preme il pulsante di stop, aspetta che il tapis roulant rallenti e scende con un salto, salutandola. Lei sorride per l’ultima volta, gira il collo verso la vetrata che dà sul parcheggio, si rimette le cuffie nelle orecchie, aumenta di un kilometro e mezzo la velocità e cammina ancora, per altri venti minuti minimo, finché i pensieri non saranno finiti e i carboidrati non saranno bruciati. Lei brucia insieme a loro. Lei non glielo dirà mai, lui non lo capirà. Avrei voluto mettermi in mezzo non appena lei si è tolta le cuffie, perché in quel togliersi le cuffie c’era tutto quello che lui ora dovrebbe sapere. Avrei voluto spiegargli come stanno veramente le cose. Avrei voluto dirgli: “Coglione, non vedi lei cosa vede?” e tornare al mio posto. E invece ho soltanto visto un altro amore camminare restando fermo.

30 commenti

  1. Ecco, io ora sto piangendo perché credevo di averlo superato, ma evidentemente non è così. Con i tapis roulant non si va mai avanti.
    Lui non mi parlava di Chiara, ma il succo del discorso è lo stesso.
    Sai come andrà a finire? Da un giorno all’altro non si parleranno più, quella che sembrava un’amicizia svanirà e lei, la ragazza del tapis roulant, finirà per odiarlo.

    Poi, quando si sarà convinta di averlo dimenticato, andrà su un blog e scoppierà a piangere rendendosi conto che lui è sempre lì, nascosto in un angolo.

    Grazie Dario, ti voglio bene.

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  2. sei fantastico…hai espresso la mia situazione benissimo..solo che al posto di due tapis roulant ci sono due controller della play…e una migliore amica che sa cosa provo…ma a forse lo ignora.
    Lui mi parla di tutte…mi sorride…mi parla del culo di una…mi parla di quanto vorrebbe farsi quella della corriera…
    Ma non capirà mai che ogni volta che lui parla…nel mio cuore si forma un taglio
    E sono stanca di mettere cerotti e fingere che vada tutto bene..a devo continuare così.

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  3. La scelta delle parole è impeccabile, mi ha portato lì e adesso avrei voglia di prendere il tipo per le spalle e dargli una strigliata!

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  4. Cosa non sei Dario. Hai un carattere unico che traspare benissimo dai tuoi testi, profondo, sincero e attento, minuzioso. Ogni tua parola mi è di ispirazione e mi piace il fatto che spesso la pensiamo allo stesso modo… pochi si accorgono di come una persona si toglie le cuffie.
    Grazie per essere te, un abbraccio

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  5. È un po’ la solita situazione di merda in cui ci siamo trovati tutti almeno una volta insomma, persino io che di amore alla fine non ne so quasi nulla. Eppure a prescindere dal fatto che qualcuno ricambi o meno determinati sentimenti penso sia davvero bello avere una persona su cui contare e con cui poter condividere qualcosa, che sia una chiacchierata fissa in palestra o chissà che altro. Io sono veramente poche le persone per cui mi tolgo le cuffie comunque ahahah

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  6. non trovo le parole giuste da scrivere, eppure ci sarebbero molte cose che vorrei dirti.
    ogni volta fai centro, leggendo i tuoi testi sembra di entrarci dentro e di capire perfettamente cosa provano i “lui” e “lei” descritti, anche se magari non ci si è mai trovati in una situazione del genere.
    continua così, ormai sto in fissa

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  7. Qualche volta capita anche a me di assistere a certe scene, e in quei momenti penso”ma come cavolo fa, l’essere umano, a essere così tanto distratto dal suo ego, da non vederci più”

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  8. Lo pensa spesso, sperando che dentro di lei sia tutto passato. Lei è rimasta sul tapis roulant, però quello dei suoi pensieri, sforzandosi molto per andare avanti ma rimanere sempre allo stesso posto.

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  9. Quando un testo è in grado di farti stringere il cuore è perché è davvero bello. Le tue parole si materializzano. Mentre leggevo anche io ero in quella palestra. Davvero incredibile.

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  10. Ho poco tempo, ora, dovrei correre perché la vita chiama, ma sono qui a scriverti perché sento di doverlo fare. Mi sono fermata, ho prestato attenzione, ho letto il tuo ultimo testo. Evocativo, come tutti gli altri.
    Anch’io frequento la palestra, ci vado assiduamente, ed anch’io mi metto sul tapis roulant come quella ragazza e mi perdo, senza muovermi, fra i pensieri e le preoccupazioni, buttate nel frullatore che mi ritrovo al posto della testa. E lei è un po’ come me, ha la maglietta sgualcita, i leggings neri, le cuffie e non parla.
    Perciò, grazie per aver dato voce e forma a qualcosa che vivo e sento personalmente. Grazie per avermi permesso di ritrovare un po’ di me in qualcosa di tuo.

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  11. Ho solo una parola: “Wow”.
    Non ho parole per descrivere questo racconto così vero, mentre leggevo sono riuscita ad immaginare tutta la scena e a sentire il dolore di quella ragazza che bruciava con lei, la capisco benissimo, capisco i suoi sentimenti alla fine li provo anche io solo che quel ragazzo sull’altro tapis, non sa nemmeno che esisto perché ci sono 750,2 km a dividerci e non due mattonelle…

    Detto questo, grazie Dario, mi riesci sempre a capire, non smettere mai di scrivere.
    Mille volte grazie meraviglia!!❤

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  12. sì, avevi ragione. tu sei fatto per scrivere. la cosa assurda è che scrivi ma è come se proiettassi delle immagini e questo forse non è per tutti, è per pochi, ed è fottutamente affascinante cosa mi fai provare. volevo solo informarti che ciò che fai è molto di più di quello che credi. continua perché un libro non te lo toglie nessuno. sì, puoi farne uno di pensieri sparsi, o anche di questi tuoi racconti. considera l’idea e non pensare di dover avere chissà quale capacità, non pensare che sia ancora presto per te, pensa solo che se mai lo fai mai inizi. per tutto questo volevo anche ringraziarti perché ringraziare è importante.

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  13. E come se avessi scritto per me. “Lei non glielo dirà mai, lui non lo capirà “, la storia della mia vita da tre anni a questa parte. Grazie Diario di ricordarmelo…

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  14. E come se avessi scritto per me. “Lei non glielo dirà mai, lui non lo capirà “, la storia della mia vita da tre anni a questa parte. Grazie Dario di ricordarmelo…

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  15. Credo che almeno una volta capiti a tutte,
    mentre camminavamo per le strade di Manhattan mi raccontava delle litigate che faceva con la sua morosa,
    quando ha capito mi ha chiesto scusa,
    più sentito da allora

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  16. Triste realtà cavolo. E c’è anche di peggio . Che fare? Ribaltare la situazione e dichiararsi oppure accontentarsi di una passeggiata virtuale qualche volta alla settimana? Non sempre ci si può dichiarare, e spesso la paura del rifiuto, dolore fortissimo, spinge ad accontentarsi di quel poco che si riesce a racimolare……

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