PASSO A PERDERTI

Mi guardo distorto nel riflesso del finestrino. Ho i capelli messi male, il cappuccio della felpa storto, la sciarpa troppo larga intorno al collo. Mi porto indietro i capelli con la mano, raddrizzo il cappuccio, stringo la sciarpa. Sistemo tutto quello che c’è da sistemare fuori. Apro la portiera, salgo in macchina, svuoto le tasche della giacca, appoggio tutto quello che c’è da appoggiare sul sedile di fianco al mio. Il tuo. Occupo il tuo vuoto con le mie solite tre cazzate. Le chiavi di casa, quelle che mi sono dimenticato sul tavolo del ristorante dove siamo rimasti da soli per la prima volta, quelle che mi hai ricordato di prendere tu mentre stavo andando via come se nulla fosse; il cellulare, quello con lo schermo ancora crepato a destra, quello che mi hai strappato dalle mani cento volte per controllare a chi stessi scrivendo; il portafoglio, quello sporco di caffè senza zucchero, quello con ancora dentro la tessera scaduta che abbiamo fatto per andare a quella serata, dicendoci che tanto l’avremmo usata di nuovo perché dura un anno, che la fai una volta sola e poi non ci pensi più. Sotto al tuo sedile c’è una bottiglia di plastica vuota, quella che hai comprato davanti al benzinaio, quella che metà ti si è rovesciata addosso alla prima curva e non hai riso, io invece sì. Accendo il motore, si bloccano le portiere, si accende la radio, colpisco il pulsante nero, la spengo, la uccido. Non c’è suono giusto per questo ritorno. Non c’è colonna sonora portante che mi tenga su. C’è soltanto il silenzio maledetto che mi assorda, che mi lacera il cervello, che trasforma questa macchina in una cella d’isolamento in cui disperarsi, in cui dilaniarsi, in cui dimenarsi, mentre la vita ti sbatte davanti il suo proseguire anche senza di te, anche senza di voi, oltre il vetro incrostato di resina e appannato di ricordi. Bagno il parabrezza, faccio partire i tergicristalli, sposto sul numero due il riscaldamento, ed è tutto più schifoso di prima. La resina si appiccica ai ricordi che sfumano raschiando il parabrezza, raschiandomi il fondo. Vorrei piangere. Sono anni che non piango e vorrei piangere adesso. Vorrei vedermi sgorgare dagli occhi la paura di non ritrovarmi più. Vorrei vedermi stare male anche fuori, sconvolto dove mi sistemo, demolito dove mi costruisco, nel caos dove mantengo sempre ordine. Vorrei vedermi spettinato, col cappuccio della felpa strappato e la sciarpa che mi strangola il collo. Vorrei piangere di brutto togliendomi l’aria, dentro a ‘sta macchina, dietro a ‘sto vetro, ribaltato sopra al tuo sedile vuoto. Vorrei riflettermi nello specchio retrovisore e vedermi la devastazione in faccia, mentre mi fotte in ogni mio singolo punto del corpo. Le lacrime sono sangue intimo. Il sangue di quelle ferite che non vedi, che non puoi disinfettare, che non puoi chiudere sotto un cerotto e aspettare si cicatrizzino. Le lacrime sono il sangue di quelle ferite che sei costretto a vivere da impotente, da schiavo, da prigioniero senza dignità, finché il bruciore diffuso non diventa qualcos’altro. Mi servirebbe piangere, mi servirebbe spalancarmi davanti al portone spalancato del tuo condominio, per chiuderla davvero, una volta per tutte. Ma non esce nulla, come non esci tu. Guardo il tuo campanello. Provo ad aprire la portiera, è bloccata, premo il pulsante per sbloccarla sotto al finestrino, esco dalla macchina. Guardo la tua finestra, quella da cui mi affacciavo a guardare la gente in strada mentre tu mettevi della musica su YouTube. Vorrei affacciarmi ora e vedermi qui, dai miei occhi. Vedermi parte di quella gente che esiste soltanto per essere vista dalla tua finestra. Gente che passa e se ne va. Gente che passa e scompare dalla tua vita. Gente che passa a perderti, come me.

31 commenti

  1. Sei riuscito a farci quasi toccare con mano l’angoscia, anzi, è stata proprio lei, l’angoscia, a toccare il cuore. Complimenti, hai creato un immagine davvero dinamica e struggente.

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  2. Ci mancava solo una bella botta di angoscia per concludere l’ultimo giorno prima del lunedì ahahah apposto. Mi è piaciuta un sacco la metafora delle lacrime intese come sangue, sono d’accordissimo su questa interpretazione. Bravo

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  3. “Le lacrime sono sangue intimo”. Penso tu abbia davvero del talento. Sei capace di proiettare il lettore nelle situazioni che descrivi in maniera diretta e spontanea. Trovo le tue riflessioni belle e struggenti al tempo stesso. Grazie.

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  4. Non è la prima volta che leggo un tuo “racconto”, “poesia”, “frase”; non so neanche come definirla questa tua valvola di sfogo. Non so neanche se chiamarla valvola di sfogo, non so nulla di te, non so neanche cosa questo rappresenta per te. Non so neanche se poterti dare del tu, o se doverle dare del lei. Ma tutto ciò non conta, o almeno è così per me, tanto tu non sai chi sono io e io non so chi sei tu.
    Ma una domanda mi è sorta spontanea, lampante quando ho letto queste tue creazioni, sarà anche un quesito stupido, e mi chiedo anche perchè ci ho messo tanto ad introdurlo e perchè continuo a scrivere invece di fare la domanda.
    Ebbene ti chiedo: “Ciò che tu scrivi, lo scrivi perchè sono cose che ti accadono in prima persona, o perchè la tua mente le lavoro?”
    Se mi risponderai ne sarò molto felice e mi dispiaccio se ho scritto qualcosa in maniera errata.

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  5. Leggendo ero nel sedile affianco al tuo , trasmetti davvero tanto con il tuo modo di raccontare. Da come scrivi si percepisce che sei un ragazzo molto profondo , uno dei pochi ancora rimasti. Dietro al simpatico ragazzo dei video c’e molto altro e si vede , si sente.
    Complimenti davvero Dà , mi hai fatto venire i brividi ❤️

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  6. Passa per non restare.
    Passa anche solo per dire “questa volta sono passato, ma ho deciso di non restare”. E anche se nel cammino ti rivedi mentre ti distruggi, un’altra parte di te si rialza.

    Perdersi fa male e ritrovarsi ,persi ,ancora di più. Ma si poi (si)passa

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  7. Che dire; sono davvero stupita. Devo ammettere che ti ho conosciuto tramire Space Valley e che non avrei mai immaginato qualcosa del genere. Non appena ho saputo della tua passione per la scrittura mi sono sentita molto vicina a te, cosa che in realtà ho provato sin da subito ma senza darci troppo peso, perchè anche io ho la tua stessa passione. Ci tengo a dirti che quel che ho letto ora mi è piaciuto tantissimo e voglio davvero farti i miei complimenti, per quanto, fatti da una diciasettenne possano essere rilevanti o speciali. Leggerò anche tutto il resto perchè sono sicura che mi riservi tante riflessioni interessanti e mistiche. Ti ringrazio per aver deciso di condividere con noi il tuo pensiero perchè, almeno per me, è davvero prezioso.

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  8. “A te che sei il mio presente, a te…la mia mente…”
    Ce lo vedo benissimo Battisti in sottofondo, nella rappresentazione cinematografica di questa scena, che hai descritto così bene, sia all’esterno che all’interno di essa.
    Sei un poeta Dario, non si discute.👏👏👏

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  9. Discorso sincero,tagliente,ragionato che provoca delle scosse di hype molto intense,ma rapide. Nel finale sei riuscito a far sentire il mio viso affacciato fuori da quella finestra,ho sentito un senso di nostalgia e di desiderio (nel guardare la gente dall’alto). La perdita di una persona che si ama è come un brivido:solo dopo averlo sentito,ti rendi conti di averlo avuto e che se n’è andato via in un attimo. Mentre leggevo ho sentito come se la tua mano fosse sulla mia spalla,come sostegno per riuscire nell’ immaginazione del testo e fidati nelle scene sembrava tutto così familiare. Bravo,complimenti.💎👏❤ da Laura.

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  10. Sei stato capace di racchiudere una sensazione che la maggior parte di noi ha provato almeno una volta. E cosa è amare se non soffrire in questo modo quando finisce o quando va male? Non sarebbe amare. Complimenti per ciò che trasmetti.

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  11. quando vorresti piangere ma non ci riesci, non capisci cosa è andato sbagliato, cosa è sbagliato, cosa hai sbagliato. ti verrebbe voglia di strapparti i capelli, i pensieri, le lacrime, di cercare ovunque il dolore necessario per farti pizzicare gli occhi, vedere tutto strano e piangere, piangere dall’anima dilaniata dalle ferite.

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