SONO SOTTO CASA TUA

Appoggio la maglietta nera sul letto, vicino alle altre, nell’unico angolo vuoto rimasto. Stacco il caricabatterie dalla presa di fianco alla scrivania, arrotolo il cavo e lo metto nella tasca esterna dell’Eastpak mezzo rotto. Lo zaino della scuola. Lo stesso che riempivo di libri e di scritte con il pennarello indelebile, ora è pieno di cose che servono ad andarsene. La due zip s’incontrano a fatica, si chiude a malapena. Lo sollevo dalla sedia e lo faccio cadere per terra sopra alle Nike annerite, sporche di città. Ripercorro con lo sguardo tutte le posizioni in cui tengo quello che mi serve di solito, per verificare di non essermi dimenticato nulla di dimenticabile. Apro qualche cassetto a caso, pur sapendo di non averci mai tenuto niente di utile dentro, tanto per darmi l’impressione di aver davvero controllato ovunque. Premo i palmi delle mani lungo le tasche dei jeans, cercando sagome riconoscibili. Cellulare, cuffie, portafoglio, chiavi di casa. Chiudo la finestra e abbasso la tapparella. Inciampo sulla valigia sdraiata sul pavimento. Mi siedo sul  letto appena rifatto, trascino via le scarpe da sotto lo zaino chinandomi in avanti con la schiena e me le metto. Stringo il nodo. Il cellulare mi vibra in tasca. “Sono sotto casa tua” leggo sullo schermo illuminato, nell’anteprima verde di WhatsApp. Raccolgo velocemente le magliette dividendole in due colonne alte circa uguali e le incastro nella valigia. Mi metto lo zaino a metà, solo su una spalla, mi do un’ultima occhiata intorno, apro la porta ed esco. Erano giorni che aspettavo questo giorno. Nelle ultime due settimane ho vissuto grazie ad oggi. Sapere di oggi mi ha ricoperto di quel presentimento euforico che hai soltanto quando aspetti qualcosa da tempo. Quello strafottente senso di vita che c’è nelle attese. L’esaltazione di quando ci sei quasi, di quando stai davvero per andare, non ha pari. Il tempo si paralizza. Tutto quadra. Ieri sera mi sentivo bene. Mi sentivo di essere nel posto giusto, mentre camminavo per strada mescolandomi tra le persone, immaginandomi oggi. Ero già dentro oggi. È il potere di quando deve ancora succedere tutto. Riesci a sentirti finalmente come vuoi perché puoi immaginare quello che ti pare. In fondo è quando sei libero di creare quello che ti pare che ti senti veramente bene. Le attese servono a questo. Servono a regalarti istanti di pura immaginazione. Servono a farti costruire le situazioni prima che esistano, a farti eccitare per qualcosa che non c’è ancora stato. Le attese ti portano fuori dalla realtà. Ti portano prima della realtà, dove non ci sono eventi accaduti, ma soltanto libere invenzioni. Le attese sono la migliore interpretazione di quello che sarà. Nei giorni scorsi volevo che fosse già oggi. E adesso sono qui. Scendo le scale sbilanciandomi da una parte e dell’altra, per compensare il peso della valigia. Arrivo al piano terra, apro spingendo con la spalla la porta del condominio e vado verso il solito parcheggio. “Parti?” mi chiede la signora con il cane che abbaia sempre senza motivo del secondo piano. “Decisamente.” rispondo aggiustandomi lo zaino che sta per cadere. “Buon viaggio allora!” mi dice dopo aver bisbigliato qualcosa al cane che ha smesso di abbaiare solo per ripotarle la palla arancione. “Grazie.” rispondo accennando un sorriso dovuto. Apro il cancello e arrivo al parcheggio. La sua macchina è lì, al solito posto, ferma in mezzo, con le doppie frecce, i finestrini abbassati e la musica alta. Appoggio la valigia a terra per preparami agli ultimi metri, la riprendo su, riparto. Aumento il passo, arrivo, mi piego vicino al finestrino, mi sporgo dentro. Non c’è nessuno. Guardo meglio. Non c’è nessuno. Mi spingo all’indietro facendo leva sullo sportello, mi vibra il telefono in tasca, butto a terra lo zaino, butto a terra la valigia, cerco nelle tasche, non c’è, non lo trovo, tasca sinistra, non viene fuori, lo prendo, “voltati”. Butto a terra la paura. Le sua braccia mi stringono. Questo non me l’ero immaginato.

22 commenti

  1. È una delle prime che leggo e devo farti davvero i complimenti. Mi piacerebbe saper scrivere come te, trasformi le cose di “tutti i giorni” in diciamo sorprese. Sono davvero colpita, continua così ❤️

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  2. Scusa se ti correggo ma hai fatto degli errori, suppongo, di battitura in questi punti: -il cane che abbia -non davvero c’è nessuno. Ovviamente non è una critica negativa ma voglio solamente fartelo notare perché tu possa, se possibile, correggerli.

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  3. Ciao, Dario 🙂 Devo dirti che, sinceramente, questa storia non mi è piaciuta granché nel suo complesso, ma mi piace molto il tuo modo di descrivere i fatti quotidiani come se fossero la cosa più importante in quel momento, quasi facendoli diventare i protagonisti del racconto. Leggerò sicuramente le altre storie perché sono sicura che ne troverò di più adatte a me. Ciao.

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  4. Beh non ho parole, scrivi davvero bene, mi piace un sacco tutto ciò che stai facendo (mi piacerebbe anche scrivere così bene ma in pratica sono il tuo opposto😅). Sarebbe ancora più bello se questi racconti li sentissi leggere da te.

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  5. veramente ma veramente bello di cuore, è sempre una grandissima ansia arrivare in fondo alle storie di questo tipo perché sai che qualcosa di strano accadrà, non è facile ma tu ci sei riuscito🤷🏽‍♀️❤️

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  6. Questo brano in particolare mi ha fatto individuare la sensazione di disorientamento che provo a volte leggendoti. Questo perché descrivi molto bene particolari stati d’animo, usando parole che possono arrivare a tutti nell’immediato e permettendo a chi legge di riconoscere quegli stati d’animo che almeno una volta tutti hanno provato. Poi aggiungi delle parole, o dei dettagli così personali che non possono rispettare chiunque e da un momento all’altro mi sento spaesata, come se non fossi più nella mia testa, ma nella tua ad ascoltare i tuoi pensieri, ed è una sensazione forte perché sembra di invadere uno spazio troppo privato. Un’esperienza strana ma bella ed interessante.

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  7. Ti leggo e ascolto solo nelle mie serate buie. Stasera ascolto Jasmine Thompson che canta Say Something. Una volta vivevo di attese, immaginavo per un tempo infinito. Adesso mi scivolano solo quasi addosso, sento solo l’ansia. E’ come se fossi diventata quasi insensibile. Mi piacerebbe conoscerti. Poi mi chiedo perché lo desidero, e capisco che non succederà e che succedesse sarebbe solo un battito di ciglia.

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