Possiamo sempre sapere dove siamo. Possiamo sempre sapere dove stiamo andando. Possiamo sempre sapere quale sia la strada migliore per arrivare. La strada esatta, la strada breve, la strada adatta. Se hai la meta, hai la rotta giusta. Da quando in tasca ci teniamo le risposte, insieme alle mani quando è freddo, spostarsi è diventato paurosamente facile. Raggiungere un luogo che non si conosce è diventato paurosamente facile. È diventato tutto paurosamente facile. Tranne rendersi conto delle conseguenze di tutta questa facilità diffusa. Il problema è che abbiamo modi ogni giorno più rapidi, intuitivi, semplici per risolvere i problemi. Il problema è che stanno diminuendo i problemi da risolvere da soli. La comodità delle risposte pronte non si discute. Oppure sì? Forse dovremmo discuterne. Non è che tutta questa facilità ci sta schiacciando, ci sta appiattendo su noi stessi, ci sta trasformando in degli esecutori di azioni calcolate? Senza dubbio la praticità del collaudato ha prevalso sull’incognita. L’itinerario prestabilito ha annebbiato il valore del dubbio. Il vago non è più tollerato. Ora vogliamo certezze, perché sappiamo di poterle avere, abbiamo i mezzi per poterle avere. Il comfort ci piace, sarebbe strano il contrario. Sarebbe strano far finta di nulla, continuare a complicarsi le cose laddove esistono strumenti inventati per semplificarle. Sarebbe strano, infatti non ci pensiamo neanche più. Tutto molto comodo, tutto molto ottimizzato, tutto molto fattibile e calcolabile. Tutto paurosamente facile. Il risultato è che ci siamo dimenticati quanto sia bello sbagliare strada. Dai, pensaci. L’ultima volta che hai sbagliato strada è perché hai visto male sul navigatore. Poi ti ha comunque salvato. Inversione. Dai, pensaci. Cerchiamo di ottimizzare ogni tragitto, ci muoviamo seguendo il percorso colorato sullo schermo, cerchiamo di non sbagliarci mai. Vogliamo andare a colpo sicuro. Siamo sintetici nello spostamento. Pochi problemi, poco margine di errore. Le mappe, i navigatori, il GPS. Abbiamo tutti gli strumenti per semplificare il viaggio, per eliminare ogni ipotetico disorientamento. Ci muoviamo rapidi, tremendamente perfetti. Perché ormai lo facciamo sempre calcolando, impostando un obiettivo sulla mappa e seguendo la via indicata. Ma come sarebbe non poterlo fare? Come sarebbe tornare a muoversi con la consapevolezza di poter sbagliare strada e finire da tutt’altra parte? Quanto tempo si perderebbe, quanta gente si perderebbe, ma quante storie ci sarebbero da raccontare. Incontri, scoperte, luoghi, persone. Roba vera. Ho sempre creduto che le cose migliori succedano per caso. L’ho sempre creduto perché ne ho sempre avuto le prove, in un modo o nell’altro. Le scoperte migliori si fanno esattamente dove pensi non ci sia nulla da scoprire. Oggi, quando devo andare da qualche parte che non conosco imposto il navigatore, attivo il GPS, controllo la strada, la prendo, la seguo, la eseguo. Ecco, quando lo faccio io un po’ mi sento sconfitto. Io un po’ mi sento sconfitto perché nonostante abbia sempre creduto che la casualità sia la risorsa più preziosa di tutte per far succedere le cose, non la cerco più. Anzi, oggi la evito. Ogni volta che vado a colpo sicuro da qualche parte mi evito una possibile perdita di tempo dovuta a una possibile strada sbagliata. Così facendo mi evito anche una possibile esperienza nata mentre volevo fare tutt’altro. Una possibile esperienza nata per caso. Ho sempre creduto che le cose migliori succedano per caso, soprattutto quando stai facendo tutt’altro. Oggi penso a quante cose potrebbero succedermi se mi concedessi ancora la possibilità di sbagliare strada, di arrivare tardi, di non arrivare proprio, qualche volta. Se non partissi già vedendo la rotta nel dettaglio. Se mi affidassi alle persone per la strada, più che alle indicazioni del cellulare. Se mi affidassi ai consigli dei passanti, alle sensazioni, ai presentimenti, più che alle indicazioni del cellulare. Se mi affidassi a me stesso e a quello che potrebbe eventualmente succedermi intorno. Di sicuro non lo farò. Di sicuro, potendo scegliere, continuerò a preferire la facilità, come continueremo a fare tutti, continuerò a prendere la via indicata dal navigatore. Fortuna che siamo ancora imperfetti e certe volte sbagliamo strada lo stesso, nonostante tutto. Fortuna che il caso sopravvive ancora, anche se cerchiamo di rendere tutto sempre più facile e controllabile. Speriamo di non farcela mai fino in fondo, di riuscire a non seguire le indicazioni, qualche volta. Speriamo di poter continuare ad essere in balia degli eventi, delle esperienze che non ci saremmo mai immaginati di vivere lungo le strade che non ci saremmo mai immaginati di percorrere. Lunga vita al caso.
Fai un libro di poesie, hai l’XFactor versione letteratura…
A parte gli scherzi, è bello quello che hai scritto, e fidati che sono una che non ne capisce nulla di poesia 👍. Ilario fai un libro😂💕
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Piccola parentesi spesso le più belle avventure le ho fatto usando il navigatore che mi ha portato per strade che non sapevo neanche che esistessero.
Oggi rispondo a brucia pelo. Rispondo cosi per non affidrmi a una sicurezza; oggi cambio strada. Oggi nel nostro agire schiviamo gli sbagli, ci scoccia rivedere la strada. Ci scoccia chiedere aiuto a un passante; c’è il desiderio di apparire peeffetti. Anch io mi affido al navigatore , alla sicurezza perché cioè che temo non è il fallimento in sé na il giudizio dell altro. Allora seguo le indicazioni così non sbaglio è nessuno ha da ridire e allora ecco che è come dici tu Dario mi privo dell esperienza di imparare strade e cose nuove, mi privo di un confronto con l altro. Il pericolo non è tanto sbagliare strada, ma imboccare la strada della solitudine, dell autoreferenzialita del “basto a me stesso”. Questa strada non porta da nessuna parte.
Dario grazie sempre per i tuoi campanelli d allarme.
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ma sei un genio
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É vero, a volte sarebbe bello perdersi, perdere il controllo di tutto, perché poi é di questo che si tratta. Avere il controllo ci rende più tranquilli, ma ci toglie un po’ di imprevisto in cui spesso si nascondono piacevoli e inaspettate sorprese
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Ho sempre guidato con il navigatore sotto mano e sott’occhio, fatta eccezione per le strade del mio quartiere e della mia città, che conosco alla perfezione. Di conseguenza l’unico posto in cui mi rilasso e mi sento tranquilla è casa. Tutto il resto del tempo, con il navigatore sotto mano e con la paura di perdermi e sbagliare strada, lo passo con ansia, non vedo nient’altro, non mi godo il viaggio. E questa è proprio una metafora del mio rapporto con la vita e con le cose di tutti i giorni, ho sempre ansia di fare cose, di arrivare in un certo punto e non mi godo il percorso. Ho fretta di finire, di iniziare e di finire ancora. L’unico posto in cui mi sento tranquilla è casa.
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Eh si, è proprio vitale sbagliare strada. Noi l’abbiamo fatto tante volte nei nostri viaggi in Italia, Grecia, Portogallo, Spagna, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Austria, Ungheria, Svizzera, Croazia, Slovenia, Kossovo, Turchia. Quante scoperte abbiamo fatto, quanti luoghi inaspettati e sconosciuti non lo sono più, quante parole nuove dai suoni strani abbiamo imparato senza doverle cercare sui libri. Quanti incontri: tante domande, tante risposte. Niente cellulare, niente navigatore, una mappa e via. Non sapere dove avremmo dormito la prossima notte, se avremmo mangiato quando la fame si fosse fatta sentire. Quanta vita.
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